
Pensieri, riflessioni e moti interiori di un uomo, un professionista, un counselor. Ciò che avviene dentro e fuori da me.
Vorrei descrivere ciò che rimane della mia esperienza vissuta in un campeggio, in questi ultimi 6 mesi.
Il campeggio in fondo è una sorta di villaggio temporaneo, in cui sconosciuti sviluppano in pochi giorni relazioni di fiducia a volte superiori a quelli dei vicini di casa che per anni vivono nel tuo stesso condominio. Cosa succede? Come avviene questo ?
C’è una situazione di prossimità fisica inevitabile, di condivisione di spazi e strumenti alla quale non è possibile sottrarsi, in virtù della quale le occasioni di relazioni aumentano enormemente rispetto alla vita quotidiana in contesto urbano.
La fiducia e la reciprocità diventano atteggiamenti naturali o convenienti per tutti, si sviluppano salutandosi ogni mattina, conoscendosi quando i figli si mettono insieme per giocare, trovandosi uno accanto all’altro a lavare panni o piatti.
La prossimità crea anche un’inevitabile forma di controllo reciproco, che riduce il rischio di “tradimento” della fiducia: bungalow, tende, caravan e camper sono come case aperte e meno serrate delle nostre serrature blindate. Scambi che ho vissuto e a cui darò necessariamente una collocazione dentro me. Vicende personali, discussioni o conflitti che in questo tipologia di ambiente, sopra personalmente descritto, viene amplificato e in varie forme condiviso.
La litigata con il tuo partner e l’intervento sui tuoi figli non rimane nelle mura casalinghe . I tuoi vicini sentono in modo molto scandito le tue parole ,senza dover faticosamente “origliare” e vedono molto bene, senza dover “sbirciare”.
Il campeggio ha una sua vita “economica”, ma si tratta per lo più di scambi, prestiti, doni, cioè di movimenti senza intermediazione del denaro: in una situazione generale di scarsità (perché qualcosa si dimentica a casa, nel bagagliaio non ci sta tutto, nasce una nuova esigenza, ecc.) è normale che gli scambi si infittiscano, il martello per i picchetti o la pompa per gonfiare i materassini…tutto ciò li presti o li chiedi al vicino, scambi di pasti , le griglie del barbecue e i fili del bucato a volte sono comunitari. L’ambiente di vita quotidiana avviene a piedi e non in auto, in abbigliamento estivo e non con abiti professionali o tali da evidenziare nettamente professioni o status di appartenenza, solitamente rilassati e disponibili alla conversazione e non di fretta pongono condizioni favorevoli per le relazioni sociali.
La dis-intermediazione monetaria degli scambi, la creazione di funzioni condivise fruibili a turni (sharing si direbbe oggi, se non fosse che applicato al barbecue fa sorridere), la “potenza comunitaria” dei bambini (la loro tendenza a giocare insieme spesso traina le relazioni fra genitori e quindi fra famiglie), l’efficacia dei momenti conviviali per favorire i legami, l’assenza di gerarchie sociali a favore della valorizzazione di tutte le capacità – saper cucinare, giocare a carte, medicare una ferita, montare una tenda, fare il bucato,… qui valgono uguale e sono scambiati gratuitamente – la centralità del fare insieme come attivatore di relazioni, la ”quasi” assenza di proprietà privata a favore della condivisione .
Questa è la riflessione, inaspettata, che mi porto dentro sull’esperienza vissuta in questi mesi. L’esperienza che puoi vivere ,solo se rimani aperto al nuovo e in ascolto verso ciò che accade intorno e dentro noi .
Pronto a rischiare di scrivere qualcosa di nuovo tra le tue convinzioni ? Abitudini, idee e concetti sono diventati pilastri intorno a cui hai costruito la tua zona comfort?
IO SONO FATTO COSI !
Uscire dalla zona di comfort , significa proprio questo: mettersi alla prova in situazioni che non conosciamo alla perfezione, che rappresentano una sfida, che non ci fanno stare del tutto tranquilli.
Comfort (da Wikipedia): una condizione mentale nella quale una persona prova un senso di familiarità, si sente a suo agio e nel pieno controllo della situazione, senza sperimentare alcuna forma di stress e ansia.
Può succedere che eventi dentro noi e intorno a noi bussino alla porta , alla nostra porta, e forse anche con insistenza e molta forza. Qual è la nostra reazione? Cosa si scatena in noi?
Apri ? oppure ti rifugi nel calore del tuo habitat, forse ti blocchi?
In queste situazioni abbiamo paura, ci sentiamo vulnerabili e spesso per evitare queste emozioni troppo forti per noi ci chiudiamo ancora di più, dentro i nostri confini.
Restringiamo i nostri confini proprio nelle situazioni in cui, al contrario, ci sarebbe bisogno di espanderli e gli eventi della vita ci chiamano a farlo.
Ciò che provi è una risposta a ciò che ti sta accadendo.
Sei felice e a tuo agio nella tua infelicità? Meglio da solo o sola? Sei ormai a tuo agio nella tensione che vivi? Paura a provare gioia, paura ad amare e amarti?
Concludo questa riflessione ,nata dalla mia esperienza , con parole che vogliono disegnare situazioni comuni e che forse stai vivendo, parole attraverso cui vorrei dirti che, tali momenti potrebbero spingerti in crisi o farti sentire sola o solo in ciò che vivi.
Ma solo e sola potresti non esserlo.
Vuoi provare a raccontarmi la tua esperienza?
La mia formazione pedagogica e psicologica nasce dal presupposto che, le Equipe e le singole persone andrebbero considerate e sostenute nelle loro fasi di vita. Il sostegno a cui le persone, o i Team, possono cercare ed incontrare deve essere accessibile, popolare e disponibile.
La mia formazione pedagogica e psicologica nasce dal presupposto che, le Equipe e le singole persone andrebbero considerate e sostenute nelle loro fasi di vita. Il sostegno a cui le persone, o i Team, possono cercare ed incontrare deve essere accessibile, popolare e disponibile.