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Occorre parlare di ciclicità femminile perchè ad un certo punto della vita, senza sapere quando, arriverà una ripetitività (costantemente simile, ma non uguale) che durerà un tempo non ben definito.

Tutti e tutte oggi (al contrario delle nostre nonne e delle nostre bisnonne) sappiamo che la ciclicità femminile è legata alle modificazioni anatomo-funzionali dell’apparto genitale. In questo intervallo spazio-temporale, dalla prima mestruazione al periodo di menopausa, emozioni molto diverse e spesso polari ci pervadono: meraviglia, stupore, sorpresa, desiderio, rabbia, disgusto, tristezza, gioia. In questa altalena esclusivamente femminile (che ci fa sentire unite in una sorta di sorellanza) ci sentiamo poco capite dal mondo maschile (mondo più lineare) anche se vorremmo essere da loro comprese nonostante noi stesse per prime ancora non abbiamo chiaro se questa ciclicità sia un dono o una tagliola.
Infatti, cosa sappiamo veramente? Cosa davvero proviamo e/o sentiamo in questa finestra della nostra vita che si ripete costantemente per anni, decenni nella stessa modalità, seppur ogni volta diversa?
Occorre quindi andare per gradi, procedere per tappe al fine di arrivare a comprendere, nel senso etimologico del termine, la meraviglia dell’essere donna.
La prima cosa da osservare è che, nonostante la natura ciclica della donna sia composta da 4 fasi, quando si parla di ciclicità il primo pensiero va alla sola fase mestruale, cioè quella del sanguinamento. La cosa non meraviglia poiché è una fase ancora intrisa da mistero, nonostante la scienza, perché è difficile capire come la donna possa sopravvivere a giorni interi di perdite di sangue così abbondanti.
Interessante notare come il tema sia trattato in modo molto diverso da paese a paese, come se si trattasse di un fenomeno culturale invece di un evento fisiologico e naturale.
Non è un caso che nel 2015 Kiran Gandhi decide di correre la maratona di Londra (42 Km), senza assorbente, con il sangue colante lungo le gambe durante la corsa, per combattere i pregiudizi legati alle mestruazioni. Non è un caso che nel 2019, in Italia, l’Essity (l’azienda per il brand Nuvenia) ha lanciato la campagna pubblicitaria #bloodnormal3 con lo scopo di superare la sensazione di disagio del periodo mestruale e lo stigma collettivo ancora presenti socialmente (nel 2019!).
Originale, inoltre, che questa così attenzionata fase mestruale venga difficilmente chiamata con il suo nome, ma gli si attribuiscano dei nomignoli quali “È arrivato il marchese”, “Sono in quei giorni”, “Sì, ho le mie cose”, “Parenti in visita“, “I giorni della rugiada“, “Mar Rosso”, “Profondo rosso“. Appellativi devianti che fanno ben capire come i tabù legati alle femminilità e tramandati dai nostri avi (di solito donne) siano ancora presenti dentro di noi, a livello profondo. Questi falsi miti sbugiardati dalla scienza, queste leggende che possono sembrare innocue, delle favolette, delle storielle di cui ridere visto che non hanno alcun fondamento, in realtà fanno parte di noi e sono duri da cancellare perché il pensiero magico da sempre accompagna l’uomo. Basti dire che ad oggi ci sono persone che ancora credono che la donna sia impura quando “è indisposta” tanto da fare impazzire la maionese, da impedire la lievitazione del pane, da rendere acida la conserva di pomodoro. Non sorridiamo per queste dicerie, non pensiamole tanto lontane da noi perché scagli la prima pietra chi ancora non ha remore a fare il bagno al mare o fare sesso durante il periodo mestruale. Perché questo? Perché ancora ci vergogniamo. Perché è ancora un tabù dire di essere “in quel periodo del mese”. Perché non sempre riusciamo noi a chiamarle con il loro nome. Perché nel nostro profondo siamo ancorate all’idea che “mestruazione” significhi sporcizia e sottintenda la necessità di lavarsi e nascondersi. Perché a volte ci sentiamo in colpa per essere cicliche. Perché abbiamo paura di essere giudicate. Perché parlare di ciclicità femminile può mettere a disagio le persone (così ci è stato insegnato).

Tradizioni popolari sull’essere donna (italiane e non) tramandate di generazione in generazione che, razionalmente considerate sciocchezze, emotivamente ci condizionano.

E lo fanno a tal punto che nei paesi industrializzati siamo addirittura passati dal tabù alla medicalizzazione, abusando di farmaci (come ci evidenzia la letteratura scientifica) al pari di una malattia. E subito mi vengono alla mente le parole di German Greer :

“Se gli uomini rifuggono il femminile possiamo sopravvivere, ma se le donne stesse trattano la propria femminilità come malattia siamo veramente perdute”.

Ed ecco la parola magica: femminile. Il femminile segue un tempo Kairos e non Kronos, segue un tempo ciclico non lineare. Il tempo kronos è appunto il tempo lineare, quello fisico, quello che misura il tempo come successione di istanti, quello che si consuma. Kairos è invece quella dimensione del tempo che crea la profondità dell’istante, quell’istante in cui si apre una nuova porta, il momento propizio, l’opportunità da cogliere. Kairos ha il potere del tempo rivelatore, ci svela il senso, l’importanza dell’ora che volge in una danza a spirale che inizia e termina per poi ripartire. Per tale motivo questa danza spiralata è stata in passato rappresentata dall’Uroboro, il serpente che si morde la coda formando un cerchio senza inizio né fine. Un animale terrestre che muta pelle senza cambiare la sua essenza, che cresce ad ogni cambiamento. Un serpente (o drago) apparentemente immobile, ma in eterno movimento perché rappresenta il potere che divora e rigenera sé stesso, l’energia che si consuma e si rinnova di continuo, la natura ciclica delle cose che ricominciano dall’inizio dopo aver raggiunto la propria fine. Pensiamo alla natura che vive ed evolve seguendo i cicli: il ciclo lunare, il ciclo delle stagioni e nel macrocosmo le stelle, le galassie o nel microcosmo il movimento degli atomi. Da tutto questo possiamo dedurre come la natura ciclica della donna rispecchi il movimento dell’universo, la struttura ricorrente della vita: un momento di crescita seguito da una fase di decadimento, di ritorno all’essenziale che permette di ritornare a costruire su basi più solide. Costruzione e distruzione, nascita e morte, giorno e notte, polarità che rappresentano le due facce della stessa medaglia così da permettere al mistero della vita di continuare ad esprimersi nella sua misterica danza a spirale. Allontanarsi da questa natura ciclica significa intossicare la propria femminilità, significa costringersi ad aderire ad una struttura che non riflette la propria essenza.
Quindi la ciclicità femminile presuppone una natura mutevole composta da 4 fasi che si ripetono ogni 28 giorni (più genericamente di mese in mese) ciascuna con caratteristiche peculiari a testimonianza del potere di cambiamento.

Riuscire a capire le energie che si muovono dentro e fuori di noi, onorare, rispettare e assecondare queste energie significa riscoprire il potere e la meraviglia dell’essere donna.

Rinunciare a tutto questo, significa rinunciare a questa saggezza interiore, rinunciare alla conoscenza incisa interiormente.
L’obiettivo è quindi quello di acquisire gli strumenti da utilizzare nella quotidianità dei nostri gesti per capire e conoscere il proprio corpo di donna e le sue caratteristiche, rispettandone la natura. Acquisire coscienza delle trasformazioni del corpo significa accogliere la paura intrinsecamente legata al cambiamento stesso, significa lasciare i pregiudizi dei quali la società è intrisa, perpetuati dalle figure (soprattutto quelle femminili) di riferimento.
Il percorso appartiene alle donne poiché così potranno esprimere al meglio la propria femminilità.
Il percorso appartiene agli uomini che, comprendendo che la donna è 4×1 riusciranno ad avvicinarsi alla ciclicità femminile così da potersi meglio relazionare nel quotidiano a quella mutevolezza, rinnovamento e cambiamento che ci contraddistingue.
L’obiettivo è quello di intraprendere un percorso che porti sempre più nella nostra interiorità così da poterci esprimere al meglio e mostrare con orgoglio la nostra autenticità.

Alessandra Martelli

Mamma (tre figli), ricercatore ed eterna studentessa ho fatto della crescita personale un obiettivo di vita. Ho una formazione biologica ed umanistica che mi permette un approccio trasversale nelle mille occasioni/esperienze che la vita mi/ci propone. Ho grande fiducia nel potenziale umano e, come Counselor relazionale, punto ad un risveglio esponenziale (empowerment), sia mio che altrui, così da accogliere sempre più l’inquietudine/disagio che a volte mi/ci inonda ed imparare a non vergognarsi camminando a testa alta orgogliosi della propria specificità

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Mamma (tre figli), ricercatore ed eterna studentessa ho fatto della crescita personale un obiettivo di vita. Ho una formazione biologica ed umanistica che mi permette un approccio trasversale nelle mille occasioni/esperienze che la vita mi/ci propone. Ho grande fiducia nel potenziale umano e, come Counselor relazionale, punto ad un risveglio esponenziale (empowerment), sia mio che altrui, così da accogliere sempre più l’inquietudine/disagio che a volte mi/ci inonda ed imparare a non vergognarsi camminando a testa alta orgogliosi della propria specificità

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