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Nel corso del tempo il termine felicità è stato usato come un contenitore per tanti significati: qualità della vita, benessere, stato d’animo, emozione. Da secoli si cerca di coglierne il vero significato perchè, seppure la felicità sia decisamente reale, essa risulta indefinita, indecifrabile, impenetrabile. La volontà è quindi quella di approcciare al termine uscendo dal senso comune, per utilizzare un approccio scientifico (oggi considerata un life skill), ben sapendo che è impossibile ingabbiarla in una definizione rigida in quanto è impermanente, democratica e abituata a ‘cambiare pelle’.

La felicità esiste, ma per quanto ci si sforzi di descriverla e analizzarla, non si riuscirà a sviscerarne l’autentica natura in quanto cambia con il fluire dell’esistenza.

I greci dicevano che per essere felici occorrevano tre caratteristiche: eudaimonia, eutichia, eutimia.

L’eudaimonia significa avere un buon ‘daimon‘ interiore, una guida dentro di noi che ci aiuti a riflettere quando è il momento.

L’eutichia è la fortuna nella vita.

L’eutimia è avere una serenità d’animo, buoni sentimenti verso sé stessi e verso gli altri.

In tempi più recenti viene considerata come piacere e si passa dal massimo piacere di cui siamo capaci di Locke, al piacere durevole di Leibniz, al piacere diffusibile di Hume. Per Kant la felicità è una questione personale impossibile da raggiungere nel mondo fisico, per Schopenhauer il vivere felici è il vivere il meno infelici possibile, per Nietzsche è la pienezza della vita, per Russell è la varietà degli interessi rivolti al di fuori di noi stessi. Il lock down (con il distanziamento sociale, le restrizioni e le limitazioni) ha determinato un decremento della felicità e per questo diversi team di scienziati si sono impegnati in ricerche sull’argomento.

Dalle diverse ricerche si evidenzia come la felicità sia una condizione legata alla gestione di tutte le emozioni, sia la capacità di riconoscere la motivazione che sostiene un comportamento, ricordando che le emozioni non sono comportamenti riflessi, ma sono condizioni attuali su esperienze passate che superano il filtro della valutazione.

Sulla base degli studi, recentemente è nato un modello chiamato ‘Il senso della felicità’ che definisce i sei passi necessari per il raggiungimento della felicità. Si parla di mobilità, aspetto fisico, ricchezza, spettacolarità, notorietà, sessualità.

Essere mobili significa non fossilizzarsi nelle stesse abitudini, ma spaziare e esperienziare diversi approcci di vita (anche solo per poco tempo) così da poter osservare la stessa situazione con diversi angoli di prospettiva ed avere quindi maggiori argomentazioni nelle diverse scelte.

Per ‘aspetto fisico‘ si intende fare del proprio corpo un tempio e quindi il piacere di piacere e di piacersi, in quanto il corpo è il mezzo attraverso cui possiamo ‘essere‘. Per ricchezza si intende la libertà di esprimere chi siamo profondamente in un mondo in cui tutto ha un prezzo: occorre pertanto uscire dal paradigma di ricchezza come valore patrimoniale ed entrare nel costrutto di ricchezza come tempo da dedicare a ciò che ‘mi piace fare’ in funzione dello scopo di vita. Da ricordare come le ricerche scientifiche dimostrano che i soldi vanno di pari passo con la felicità solo nel caso in cui sollevino da una condizione di povertà.

La spettacolarità è esprimere la propria unicità nel mondo e quindi fare della propria vita una opera d’arte che porta come conseguenza la notorietà.

Notorietà non fine a sè stessa, ma strettamente correlata al piacere di condividere la nostra unicità in tutte le sue polarità.

Infine, la sessualità intesa come capacità di godimento più o meno svincolato dall’amore.

La felicità è quindi una condizione legata alla relazione che abbiamo con noi stessi, con gli altri e nell’ambiente (inteso come luogo nel quale ci realizziamo) e quindi non è una condizione che viene dall’esterno, ma siamo noi ed il nostro modo di approcciarci al mondo.

 

 

Alessandra Martelli

Mamma (tre figli), ricercatore ed eterna studentessa ho fatto della crescita personale un obiettivo di vita. Ho una formazione biologica ed umanistica che mi permette un approccio trasversale nelle mille occasioni/esperienze che la vita mi/ci propone. Ho grande fiducia nel potenziale umano e, come Counselor relazionale, punto ad un risveglio esponenziale (empowerment), sia mio che altrui, così da accogliere sempre più l’inquietudine/disagio che a volte mi/ci inonda ed imparare a non vergognarsi camminando a testa alta orgogliosi della propria specificità

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Mamma (tre figli), ricercatore ed eterna studentessa ho fatto della crescita personale un obiettivo di vita. Ho una formazione biologica ed umanistica che mi permette un approccio trasversale nelle mille occasioni/esperienze che la vita mi/ci propone. Ho grande fiducia nel potenziale umano e, come Counselor relazionale, punto ad un risveglio esponenziale (empowerment), sia mio che altrui, così da accogliere sempre più l’inquietudine/disagio che a volte mi/ci inonda ed imparare a non vergognarsi camminando a testa alta orgogliosi della propria specificità

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