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Il senso di colpa e la colpa sono due sensazioni molto comuni che tutti proviamo o abbiamo provato nella vita. Esse nascono da un continuo pensare ridondante a come sarebbe potuta andare una situazione da come si è realmente svolta.

In soldoni, è un rivangare il passato nel presente. La mente entra in loop e il fluire dei pensieri non è fluido. C’è un ingombro che fa stazionare i pensieri che diventano pesanti, ingombranti, mono tematici… a volte sembra di essere senza via di uscita.

Riavvolgiamo il nastro.

E se queste sensazioni, frutto della mente, non avessero un diretta corrispondenza con i fatti ma una nostra personalissima visione e interpretazione degli accadimenti?

Forse dovremmo anteporre a questi pensieri un senso sano e vigoroso di responsabilità e rivedere la storia con occhi diversi.

Tra i due, la colpa ha un epilogo più semplice. In una situazione veniamo investiti da un giudizio o un’accusa. Paradossalmente il modo più semplice di uscirne è prendersi la colpa!

Ti sembra assurdo? Facciamo un esempio.

  • “Tu hai lasciato la frutta sotto il sole ed è marcita. Hai sempre la testa tra le nuvole!”

Invece di partire per iperboli, discussioni, elusioni, prove a favore e contingenze…

  • “Ok sono sbadato!” mi assumo la responsabilità, sono distratto (mi prendo la colpa) e fondamentale per un buon processo riabilitativo per noi stessi, pongo rimedio, magari andando a comprare della frutta. Colpevolizzarsi o colpevolizzare sono strumenti di difesa. Assumersi la responsabilità delle proprie azioni e mettere in campo sane abitudini o gesti riparatori è una strada più difficile, ma risolutiva.

  • “Ma”, una cubitale e enorme sillaba di congiunzione avversativa, che distrugge tutto ciò che è stato formulato prima, non è sempre possibile. Vero! Tanto vale provare una strada nuova, forse funzionerà, forse ci darà informazioni nuove, forse sperimentiamo qualcosa di diverso.

Il senso di colpa nasce dal contravvenire o non aderire ai propri valori che può non avere un riferimento ad un accadimento specifico. Questa sensazione, a volumi elevati, rende inerti, ci si sente inadeguati e frustrati, schiacciati dal peso di dover fare o non fare.

Difficile prendere decisioni senza averne la spinta necessaria a scegliere secondo i propri desideri e tutto sembra fermo,  tutto si blocca.

A quasi nulla serve smorzare questo circolo vizioso di pensieri ridondanti sottile e permanente o provare a smontare credenze o stereotipi. E’ una sensazione comune e molto presente nella società  e nelle persone che tendono ad avviluppare i pensieri in una tela di rimurginii. Un sintomo ed una prosecuzione lineare di uscire fuori da un senso di colpa è addentrarsi nel “regalo” più insidioso del senso di inadeguatezza in un mondo fatto di ruoli, identificazioni, appartenenza ed apparire.

Il senso di colpa ci è inculcato sin dalla nascita, è un leitmotiv presente, persino nelle rappresentazioni della cultura (es. peccato originale), ; Questa sensazione è collegata alla colpa, frutto delle conseguenze di un’azione che identifica in chi è colpevole o vittima, reale o no, di trasgressioni a “regole”; si manifesta nel soggetto come una riprovazione verso sé stessi

E se provassi a cambiare narrazione provando a vedere le cose con un pizzico di distacco?

Partiamo da un assunto:

il senso di colpa non esiste, esistono solo responsabilità.

Ovvero mi assumo le responsabilità del mio agito, giusto o sbagliato che sia, mi rendo disponibile ad una disamina degli effetti prodotti, tenendo ben fermo i miei intenti e i miei valori che mi hanno spinto ad agire. Il resto sono concettualizzazioni, pensieri che si ramificano all’infinito e per dirla con un francesismo “pippe mentali”.

Il senso di colpa è frutto della nostra mente, non dei nostri sentimenti o un espressione del corpo; quest’ultimo ci avvisa di eventuali turbe della mente perché reagisce a ciò; il primo passo, per una seria disamina, sarebbe ascoltare il corpo.

Il senso di colpa è da indirizzare verso la responsabilità; la riprovazione verso noi stessi, acuita e sollecitata dal senso di colpa, si smorza nel momento in cui ci poniamo nella condizione più umile e umana che siamo fatti per errare (meravigliosa la doppia valenza della parola stessa).

Se non facciamo non sbagliamo, ma se agiamo possiamo trarne giovamento dall’esperienza ed in ogni caso non potremmo vivere di rimorsi. Questo ci porta, a volte, all’errore non alla colpa. Tutti sbagliamo e non siamo di certo perfetti!

Sembra che abbiamo una disaffezione cronica all’abituarci alla responsabilità. Allorché si presenta con due fattispecie: una introspettiva, viversi la colpa accusando se stessi; l’altra in maniera estroversa, non trattenerla e riversarla su qualcun altro. In generale l’incipit segue questa farsa riga: “Qualcuno mi ha fatto qualcosa”, ” un qualcosa mi impone…”

Una strategia strutturata è scaricare la colpa e le responsabilità sugli altri; questo è un caso egoista e funzionale, deleterio in ogni caso. In questa ipotesi, quando la subiamo, sarebbe opportuno fare una piccola riflessione, valevole anche per la colpa o il senso di colpa che cercano di inculcarci:

Lascia andare le persone che solo condividono lamentele, problemi, storie disastrose, paura e giudizio sugli altri. Se qualcuno cerca un cestino per buttare la sua immondizia, fa si che non sia la tua mente. (Dalai Lama)

In fondo, chi utilizza abitualmente (notare il grassetto) lo strumento del “riversare la spazzatura” è una persona che non si assume le proprie responsabilità o assurge allo status di vittima o vuole un perenne sostegno emotivo per le proprie mancanze o inabilità. La risposta semplice è ad ognuno le proprie cose, questa non è roba mia!

Una volta lessi su un articolo questa frase “… il peggior assassino è la vittima, non il carnefice.” Sebbene questa frase mi sembrava troppo forte e delegittimatoria, nel tempo ha assunto una visione più ampia e condivisibile.

Sento in me e nelle persone che portano uno stato interiore di vittima di incolpare gli altri in alcune situazioni; acuiamo il senso di colpa, ed io, in tutta sincerità, spesso non vedo tutta la “scena“, ho una visione limitata e soggettiva che non mi fa ampliare lo sguardo o avere una visione d’insieme, non scorgo nè il contesto nè tanto meno le sensazioni ed i sentimenti degli altri.
L’essere responsabile delle proprie azioni, osservare errori e manifestazioni del proprio essere, senza incolpare gli altri di cose riconducibili all’aver permesso o dato un potere troppo alto a qualcuno è una grande scoperta.

Permettere al carnefice di avvicinarsi troppo alle vulnerabilità o invadere le nostre parti più interiori o intime è anche essa una responsabilità; questo è il potere che concediamo e permettiamo; solo allora sapendo gestire bene questo spazio “sacro” potremmo uscire da dinamiche invasive e ottenere un grande traguardo. L’obiettivo è permetterci di costruire dentro di noi un buon padre interiore che pone limiti e non ci fa prevaricare dall’altro, aumenta la nostra autostima con delle semplici constatazioni: “ce la posso fare da solo”,”fino ad un certo punto”,”questo spazio è solo mio”. Tale processo ci rende adulti e responsabili delle nostre azioni, un deciso passo verso l’autonomia e l’indipendenza!

Guardiamo cosa ci hanno dato e cosa ci hanno portato le esperienze, a tutti quei momenti che abbiamo “osato” e siamo stati erranti o l’esito è stato soddisfacente. Dovrebbe bastarci questo per smorzare la portata degli effetti. In talune occasioni, trasgredire alle regole, morali, religiose, giuridiche o valoriali che ci siamo creati o che derivano dalla società ci rende vivi, ci fa espandere il nostro essere, ci apre opportunità, fatto salvo prenderci la responsabilità delle azioni volute, meditate o anche istintive.

Luca Battaglia

Counselor Relazionale e Mediatore abilitato. Le consulenze sono dedicate a coloro che vivono situazioni di disagio. Facilitatore della comunicazione per riscoprire e potenziare le proprie risorse per l’accrescimento personale, raggiungere obiettivi desiderati dal cliente. Consulente Relazionale e Sessuale, rivolto a coppie e singoli nell’ambito dell’educazione, prevenzione e gestione del disagio sessuale non patologico; mediazione tra partner, presa in carico di situazioni conflittuali. Si effettuano consulenze inerenti la definizione dell’identità sessuale (identità di genere, orientamento sentimentale e sessuale, ruolo di genere), delle coppie (monogame, non monogamia etica, poliamore ecc). Servizio di coaching e percorsi dedicati. Fondatore e presidente della APS Cambiamenti operante nella divulgazione sulla differenza di genere, con particolare attenzione al maschile nelle relazioni.

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