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rassegnazione festival delle emozioni

“Rifiuto di rinunciare a me stesso e rassegnarmi. Un uomo rassegnato è un uomo morto prima di morire, ed io non voglio essere morto prima di morire. Non voglio morire da morto! Voglio morire da vivo!” Oriana Fallaci – Inshallah

Ci sono certi passaggi esistenziali in cui la vita ci colpisce duramente.
Nostro malgrado siamo costretti a vedere persone che amiamo andar via, magari perdiamo il lavoro, problemi economici o di salute si accumulano, situazioni capestro dalle quali non sembra esserci via di uscita …. tant’è che arriviamo a pensare di avere come un “marchio” e che, per non soccombere del tutto, la rassegnazione sia l’unica scelta possibile, predisponendoci a camminare fianco a fianco alla sfortuna.

La rassegnazione ci porta a credere che le cose rimarranno per sempre nello stesso modo e che il futuro sarà sempre uguale al passato senza vie d’uscita. È a suo modo una forma di rinuncia a percepire le possibilità che invece la vita offre sempre.

A suo favore c’è da dire che la rassegnazione è un’emozione ambivalente, perché al pari di altre emozioni pesanti, questa si può esprimere con un atteggiamento verso la vita che, se vissuto bene e messo in atto al momento opportuno, può dare una mano a ripartire dopo un periodo di crisi. Ad esempio quando ci si trova di fronte alla morte di una persona cara: sappiamo bene che non possiamo riportarla in vita.

Il problema nasce quando l’essere rassegnati diventa un modo di pensare totalizzante che porta alla rinuncia e all’accontentarsi, anche se quello che affrontiamo ci ferisce profondamente.
Ci fa porre con un atteggiamento passivo verso la realtà che stiamo vivendo facendoci arrendere di fronte al tentativo di cambiamento, perché si entra in un’energia di vittimismo ed autocommiserazione che spinge a dirci che non possiamo fare nulla per cambiare la situazione in cui ci troviamo.
Si assumono quindi dei comportamenti sottomessi che possono compromettere la riuscita di una qualsiasi impresa, visto che si attiva un meccanismo auto sabotante.
Sia chiaro, la rassegnazione non serve ad alleviare la sofferenza né impedisce di superare il dolore, anzi!, piuttosto ci fa sprofondare nel pessimismo più nero, considerando la realtà superiore alle nostre possibilità. È quindi un atto totalmente statico, originato da una sensazione di impotenza che ci tiene bloccati nel problema, soffrendo senza sosta, condannandoci a una sorta di ruota di criceto…
In sintesi non ci fa da stimolo per imparare dai nostri errori, ma soprattutto fa confondere il successivo passaggio fondamentale, che è l’accettazione, con la sconfitta.
Saper vivere invece con presenza questa emozione, può rivelarsi una benedizione in quelle situazioni in cui il lasciar andare, senza associarvi appunto l’idea di perdita e sconfitta o ancor più di fallimento e perdita, determina la svolta vincente.

La capacità di prendere in considerazione che un evento negativo possa far parte della vita, rendersi conto che quel qualcosa che ci sta così a cuore è impossibile da realizzare oppure doversi confrontare con una perdita affettiva o sentimentale, portano un contributo alla nostra crescita personale, seppur siano fonte di sofferenza.

 

Accettazione, la faccia positiva della rassegnazione.

Rassegnazione ed accettazione sembrano assomigliarsi, per questo sono spesso confuse. In realtà portano due energie fondamentalmente diverse, soprattutto perché la rassegnazione spinge ad aspettarci che la situazione sia diversa da come è realmente e questo è solo fonte di sofferenza. Quando la accettiamo, significa che andiamo ad affrontare la realtà senza pretendere di modificarla e questo ci permette non soffrire, di continuare a progettare il nostro percorso di vita.

Inequivocabilmente quando non c’è accettazione siamo nell’energia passiva della rassegnazione.
Inganniamo spesso noi stessi quando crediamo di aver accettato una situazione, quando riusciamo a sopravvivere ad essa e ci diciamo vittime delle circostanze, ma magari non abbiamo fatto nulla al riguardo perché il pensiero preponderante è quello di non poter agire nulla.
L”accettazione fa vedere delle alternative che invece la rassegnazione preclude e ci chiede di essere nella realtà senza eluderla, di essere presenti e vigili e ci fa tornare alla vita.
Ce lo chiede con insistenza, portandoci a rimboccarci le maniche e a fare i conti con le situazioni gravose, senza grandi atti di eroismo.

Sia ben chiaro che non è una lotta contro la realtà, perché questo tipo di combattimento è solo fonte di dolore e di stress inutili. Piuttosto si toglie l’attenzione da questo questo tipo di lotta e si spostano così le energie verso qualcosa di costruttivo e vitale.
Si crea quindi una notevole differenza tra il sentirsi vittime e l’essere invece consapevoli attori e registi nella scelta di continuare a vivere la propria esistenza su un altro piano.
Non è detto comunque che si debba accettare passivamente tutto quello che ci capita mancando di rispetto e dignità a noi stessi, ovviamente ci sono dei limiti oggettivi legati al buon senso e alla convivenza civile.

In questo contesto, il senso dell’accettare una situazione spiacevole è che stiamo cercando altre strade, non le permettiamo di bloccarci, né pensiamo che sarà sempre così, ma cerchiamo di imparare la lezione che essa ha in serbo per noi andando avanti. L’accettazione è imparare a vedere sempre oltre le apparenze un insegnamento di vita.

Anche accettare la perdita di qualcuno significa superare il dolore e smettere di soffrire, facendo andare avanti la propria vita senza rabbia.
Inoltre l’accettazione ci fa diventare padroni del nostro destino grazie ad un’analisi approfondita delle circostanze ed è il primo passo utile per cambiare veramente le cose che non vanno, in quanto ci permette di assumere il dovuto atteggiamento di distacco.

Una volta acquisite queste differenze tra rassegnazione e accettazione potremo iniziare a scegliere come reagire ai problemi della vita: la rassegnazione porta a decidere che le cose sono così come sono e non si possono cambiare e comporta quel sentire negativo che va a dare un carico ulteriore ai nostri problemi, mentre l’accettazione porta a vedere le cose come sono, come magari poterle cambiare e ci fa assumere un atteggiamento pragmatico, neutrale e privo di giudizio.
Il primo passo è rendercene conto, tenendo a mente che il Panta Rei, famoso concetto di Eraclito sul divenire, cioè che tutto scorre, si trasforma e nulla permane, è sempre valido.

La vita è continua evoluzione e quello che magari oggi ci appare come un ostacolo insormontabile, domani potrà non esserci già più.

Rosy Siani

Sono Rosy Siani, da qualche anno counselor media-comunicativo. Posseggo una laurea in Lingue ed attualmente sono insegnante d’infanzia. Ho messo a punto una metodologia per condurre consulenza, sia personale che di gruppo, con l’intento di aiutare più persone possibile e facilitare il percorso di consapevolezza-trasformazione interiore, utilizzando la creatività.

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Rosy Siani

Sono Rosy Siani, da qualche anno counselor media-comunicativo. Posseggo una laurea in Lingue ed attualmente sono insegnante d’infanzia. Ho messo a punto una metodologia per condurre consulenza, sia personale che di gruppo, con l’intento di aiutare più persone possibile e facilitare il percorso di consapevolezza-trasformazione interiore, utilizzando la creatività.

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2 Comments

  • luca ha detto:

    “la rassegnazione porta a decidere che le cose sono così come sono” … proprio cosi!

  • Anna Mortarino ha detto:

    Quello che mi piace di più è l’accettazione che ha un contenuto di azione, che ci fa da spinta verso il futuro e ci toglie dall’immobilismo in cui la rassegnazione pare voglia bloccarci. Bravissima! Molto interessante questo articolo