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Gli esseri umani si esprimono, provano emozioni, elaborano pensieri e compiono azioni. Le emozioni sono una risposta fisiologica all’ambiente.

E voglio sottolineare la parola fisiologica, in quanto non dipendono in alcun modo dalla volontà. Le persone non scelgono di sentire rabbia, paura, dolore, disgusto, piacere, ecc. Semplicemente accade. Su ciò che il nostro corpo sente, non abbiamo responsabilità.

I pensieri sono un elaborato della nostra mente. Possono essere consci o inconsci. Nessun uomo è in grado di smettere di pensare. Essi, come le emozioni, sono il prodotto della relazione tra l’uomo e l’ambiente. I nostri pensieri arrivano improvvisamente. In parte (con buona pace di quelli che credono il contrario) possiamo modificarli, se ci accorgiamo e se siamo allenati a percepire cosa stiamo effettivamente pensando. Possiamo quindi, in parte, prendercene la responsabilità, ossia possiamo sviluppare la capacità di dare una risposta cosciente, voluta e coerente ai nostri pensieri.

Le azioni infine riempiono il nostro quotidiano. Ci sono azioni che amiamo fare, azioni che compiamo senza accorgercene, azioni che dobbiamo fare, che vogliamo fare, ecc.  Anche le azioni sono il prodotto della relazione tra l’uomo e l’ambiente. Sulle azioni abbiamo una responsabilità più piena.

Cosa c’entra tutto questo con la relazione d’aiuto? Dicevo prima che di molte azioni che compiamo, così come di molti pensieri che attraversano la nostra mente, siamo del tutto inconsapevoli.

Il counselor, così come ciascun operatore della relazione d’aiuto, dovrebbe allargare quotidianamente, sia nella pratica professionale, sia nella vita personale, la consapevolezza di ciò che sente e di ciò che pensa, al fine di dirigere meglio che può le proprie azioni.

Mi spiegherò meglio con un esempio, prendendo il nostro solito Giuseppe come interlocutore:

Giuseppe arriva in consultazione raccontando che non si sente capito, che si aspettava di più,  si sente profondamente deluso dagli incontri con me, perché non gli sto dando ragione.

Quello che sento è rabbia e frustrazione.

Ciò che penso è: non sono la tua mamma e non devo proteggerti da nessuno, non sono qui a raccogliere le tue lagne, né tanto meno a darti torto o ragione, perché non ti serve.

Quello che faccio. Dico: A cosa ti serve che io ti dia ragione?

“Quello che faccio” esprime la qualità della consapevolezza dei miei pensieri e delle mie azioni. Anche in questo caso, la responsabilità etica del counselor consiste nell’esprimere una azione SEMPRE orientata al benessere, al rispetto e alla dignità dell’altra persona e di sè steso, naturalmente. Attenzione: non sto dicendo che il counselor debba essere bravo, buono e dire sempre sì, perché queste azioni sono in realtà una forma manipolativa dell’altro.

Qui è la differenza tra agito ed espressione.

Ogni singola frase che il counselor dice è il frutto della sua responsabilità umana e professionale. Se non mantenesse una attenzione puntuale su ciò che sente e ciò che pensa, il counselor agirebbe di istinto, direbbe cose fuori luogo, metterebbe in campo  degli agiti in senso psicologico, cioè degli acting-out.

Un irrazionale scarico emotivo che non permette la relazione, ma anzi la chiude, la mortifica e le nuoce.

Quando io dico: A cosa ti serve che io ti dia ragione?, mantengo il contatto con la mia rabbia e frustrazione, mantengo il contatto con ciò che ho pensato, ma, allo stesso tempo, mantengo il contatto con Giuseppe. Ho usato una espressione complessa di me, non ho detto la prima cosa che mi è venuta in mente. L’espressione è profondamente diversa dall’agito perché è etica, responsabile, rispettosa e pulita.

Ancora una volta voglio sottolineare quanto la relazione d’aiuto abbia un quid espressivo specifico. Quanto sia essenziale che il counselor sia ben formato ed allenato ad avere consapevolezza di sé e direzione responsabile delle proprie azioni.

 

 

 

 

 

Alina Buonadonna

Sono una Psicologa e Psicoterapeuta ad orientamento Fenomenologico Esistenziale e Gestalt. Continuo a formarmi e negli anni ho acquisito diverse altre specializzazioni: Counsellor, EMDR pratictioner e Psicotraumatologia, Costellazioni Familiari, Body Work. Lavoro con le persone bloccate in una vita che non gli piace, qualunque sia la gravità della loro situazione, con particolare attenzione agli operatori della relazione d’aiuto, di cui sempre più spesso mi occupo in ambito formativo e di supervisione.

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Alina Buonadonna

Sono una Psicologa e Psicoterapeuta ad orientamento Fenomenologico Esistenziale e Gestalt. Continuo a formarmi e negli anni ho acquisito diverse altre specializzazioni: Counsellor, EMDR pratictioner e Psicotraumatologia, Costellazioni Familiari, Body Work. Lavoro con le persone bloccate in una vita che non gli piace, qualunque sia la gravità della loro situazione, con particolare attenzione agli operatori della relazione d’aiuto, di cui sempre più spesso mi occupo in ambito formativo e di supervisione.

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