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counseling familiare desiderio incontro

Qual è la prima e più importante relazione della nostra vita? Quella all’interno del sistema familiare. E’ nell’ambiente familiare che il bambino struttura la sua personalità (etimologia, maschera), e con quella si relaziona col mondo esterno. È grazie all’interazione con gli adulti che si prendono cura di lui che il bimbo plasma il suo mondo interiore, quell’insieme di comportamenti, convinzioni, modi di pensare se stesso e gli altri. E questo mondo lo accompagnerà nelle sue relazioni future. Fondamentale, quindi, il ruolo dei genitori come parte attiva del processo di vita di ognuno. Un processo che non può più essere lasciato al caso.

Siamo creature relazionali! Ci conosciamo ed evolviamo grazie alle relazioni che abbiamo durante il nostro cammino di vita. Da soli non funzioniamo. Siamo chiusi alla vita: nulla entra, nulla esce. Non c’è scambio, non c’è crescita. Lo afferma chiaramente Gregory Bateson (antropologo, psichiatra e filosofo): “Ciò che conta è il sistema delle relazioni, non gli elementi o l’insieme degli elementi. Niente e nessuno è ciò che è, se non in funzione degli scambi, delle trasformazioni e delle simmetrie”. Dunque, delle relazioni, un’entità a parte rispetto agli elementi che la determinano.

La relazione familiare è un sistema dinamico che si regge su un principio di equilibrio. Quando uno solo dei membri si trasforma, l’intero sistema si muove per trovare un nuovo equilibrio. I motivi del cambiamento possono essere tanti: la nascita di un figlio, il passaggio da una tappa evolutiva all’altra, l’ingresso a scuola, un lutto, una malattia, l’innamoramento, una separazione, la perdita del lavoro, e altre realtà, non sempre subito evidenti. Penso, ad esempio, a quelle persone che sembrano essere il ritratto dell’armonia e del benessere, che agli occhi esterni appaiono come “fortunati per la famiglia cui fanno parte, per le relazioni che instaurano, per il lavoro che hanno, per il ceto sociale”, che “sembrano” non mancare di nulla, ma a  livello intimo sentono un’insoddisfazione sottile ma forte che fanno fatica ad ascoltare e accettare. Difficoltà accentuata spesso anche dal contesto di appartenenza che non vede ciò che esiste già nella loro interiorità, ma non è ancora cosciente e manifesto. Ogni individuo, infatti, “è un sottosistema  di sistemi più grandi“, come sostiene Bateson. Ogni uomo è un microcosmo immerso nel macrocosmo e in relazione con esso. Se cambiamenti esterni influiscono sull’interno, accade anche il contrario. Rimanendo centrati sul sistema famiglia, questa si trasforma anche in base ai cambiamenti della società e della cultura in cui è inserita.

I molteplici e profondi mutamenti socioculturali avvenuti negli ultimi decenni hanno trasformato le relazioni all’interno della coppia e tra genitori e figli. Mentre nella famiglia patriarcale i diritti dei minori e delle donne erano un miraggio e vigeva il principio di patria potestà, oggi tanti genitori sono interessati a creare sin da subito un clima accogliente e amorevole in cui far crescere i propri figli.  Trovo differenze soprattutto sul piano affettivo: un tempo i padri avevano un comportamento di distacco rispetto ai figli, le cui cure erano affidate esclusivamente alle madri, alle donne della comunità, alle balie. E’ solo con la famiglia moderna che l’affettività entra in scena in modo evidente. Oggi tantissimi sono i papà che danno il benvenuto alla mondo ai piccoli assistendo al parto. Di ritorno a casa partecipano alle loro cure, li accarezzano teneramente, cambiano loro i pannolini. E tanti sono quelli che ricontattano il loro bambino interiore e prendono parte al gioco con intensità di emozioni. Ciò che si è trasformato non è l’amore tra genitori e figli, ma il modo di manifestarlo e, conseguentemente, la relazione familiare.

Gli adulti educatori di oggi riconoscono che il vecchio sistema educativo, basato su autoritarismo, severità, punizioni, non sia più accettabile, ma spesso, pur di evitarlo, ricorrono all’eccesso opposto, il permissivismo. Si tratta, però, di due modalità disfunzionali e non producono effetti benefici, né per i figli né per loro stessi. Come sostiene il professor Enrico Cheli (sociologo, psicoterapeuta e counselor), nel suo libro Le relazioni Interpersonali. Nella coppia, in famiglia, a scuola, sul lavoro:

E’ passato il tempo in cui i genitori potevano plasmare e controllare i figli a loro piacimento, ma non è ancora venuto, ( né mai verrà ) il tempo in cui i figli possano fare a meno della guida dei genitori. Si tratta di rendere questa guida non autoritaria, ma autorevole, non severa ma amorevole”.

Se i modelli dei nostri antenati non sono più idonei, credo che neanche le famiglie stile “mulino bianco” presentate nelle pubblicità, da alcuni post supercliccati  sui social, dai mass media in genere, lo siano. Propongono spesso un modello di genitore costantemente al top, sempre pronto a soddisfare i bisogni dei figli, sorridente a tutte le ore, multitasking, comprensivo, non invadente, disponibile. Un genitore perfetto, dunque inesistente.

Lo sforzo e la fatica di capire i propri figli sono sufficienti per essere genitori accettabili e questo è alla portata di tutti. Gli errori che si commettono, a volte dovuti proprio all’intensità del coinvolgimento, possono diventare un’occasione di confronto e un nuovo punto di partenza nella relazione con i figli”. ( Enrico Cheli )

Tuttavia, lasciando andare la rincorsa al perfezionismo, trovo che neanche le sole buone intenzioni bastino. A riguardo apprezzo e condivido alcune linee guida suggerite dalla psicologa Lucia Pelamatti nel suo libro sulla relazione familiare “Un Incontro tra mondi emozionali. Quando in famiglia si comunica“.

Eccole:

  • dedicare più tempo al dialogo, convinti che i figli valgano più di tante altre cose, carriera compresa;
  • confidare nel fatto che possano risolvere da soli i loro problemi, evitando di sostituirci a loro o, al contrario, di stressarli con una presenza invadente, asfissiante, possessiva;
  • non temere i loro sentimenti negativi, ma viverli come transitori: l’odio può trasformarsi in amore, la rabbia in serenità, lo scoraggiamento in speranza;
  • “sentirci” di aiutarli in quel preciso momento, su quel tipo di problema che ci stanno ponendo. E’ di gran lunga preferibile, se non siamo nelle condizioni per farlo, sottolineare l’importanza dell’argomento ( o della richiesta, o della proposta ), ma rimandare la trattazione, purchè in tempi ravvicinati;
  • saper accettare i loro stati d’animo, per quanto diversi da sentimenti che gradiremmo trovare;
  • ripetere a noi stessi che ciascuno di loro è altro da noi, con pieno diritto a una propria identità, a una propria vita, superando tentazioni di figlio “modello”, da esibire in pubblico o di figlio “fotocopia”, che a volte ci piacerebbe tanto avere;
  • non illuderci che tutto si compia realizzando un ascolto, anche se attivo, ma di seguire una strategia globale che comprenda una costruttiva e feconda progettualità;
  • convincerci che i figli non sono “comportamenti da cambiare”, ma anzitutto persone da accettare;
  • rivisitarci continuamente, ponendo attenzione ai nostri modi di essere e di agire e verificandone gli effetti.

Parallelamente a questo rapporto di guida amorevole e autorevole, occorrono dialogo aperto e tanta fiducia, per permettere ad entrambe le parti di esprimere i propri bisogni, le proprie idee ed emozioni senza timore di essere giudicati. Un punto di incontro tra genitori e figli, che permetta loro di crescere nell’autonomia e nella relazione familiare è possibile.

Flavia Di Muzio

Counselor Relazionale Media-Comunicativo ed esperta in comunicazione efficace. Il mio lavoro è “accompagnare” le persone nel viaggio dentro se stesse alla ricerca delle proprie risorse, e sostenerle nella conquista della propria autonomia. Lavoro soprattutto con genitori che desiderano migliorare la relazione con i propri figli, e con le coppie che attraversano momenti di disagio e vogliono intraprendere un cammino di crescita interiore per trasformare la loro relazione.

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Flavia Di Muzio

Counselor Relazionale Media-Comunicativo ed esperta in comunicazione efficace. Il mio lavoro è “accompagnare” le persone nel viaggio dentro se stesse alla ricerca delle proprie risorse, e sostenerle nella conquista della propria autonomia. Lavoro soprattutto con genitori che desiderano migliorare la relazione con i propri figli, e con le coppie che attraversano momenti di disagio e vogliono intraprendere un cammino di crescita interiore per trasformare la loro relazione.

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